Storia di aborto e gestazione: cristianesimo

Dalla sua costituzione ad oggi, la visione cristiana sull’aborto è rimasta pressochè immutata. 

Molto più vicina alla visione ebraica che a quella classica, il cristianesimo ribalta totalmente la questione sull’aborto introducendo un elemento morale complesso che per la prima volta prende il punto di vista del feto considerandolo una persona. 

Il primo testo cristiano a parlare di ciò è il Didachè, o dottrina dei dodici apostoli, che di fatto è il primo ordinamento giuridico dei cristiani all’albore della religione, siamo infatti intorno all’anno 100 d.C. Nel testo l’aborto non è solo vietato ma è considerato omicidio al pari dell’infanticidio e chi lo pratica è un assassino delle creature di Dio. Ma non solo: la famosa citazione “ama il tuo prossimo come te stesso” che è uno dei capisaldi della moralità cristiana, nella Lettera a Barnaba viene esteso esplicitamente anche all’aborto e all’infanticidio. La proibizione dunque rientra nel precetto dell’amore per l’altro, il feto è visto come prossimo.

Nella scienza cristiana, embrione e feto sono considerati esistenti agli occhi di Dio e non appartengono alla donna come sua appendice. Altrimenti non si spiegherebbe la pratica del battesimo che dovrebbe estendersi da donna a utero. 

Fino all’editto di Costantino, l’aborto in quanto omicidio era considerato al pari di ogni spargimento di sangue inclusa la guerra che i cristiani non appoggiavano. Con l’era constantiniana le violenze cominciano a differenziarsi, dato che viene introdotto il concetto di guerra giusta, e l’aborto viene criminalizzato sulla base di tre reati: suicidio, adulterio rispetto a Cristo e parricidio di un figlio non ancora nato. 

Con Agostino e la nuova legge canonica la questione dei crimini violenti comincia a farsi sempre più complessa: chi uccide per difesa personale, guerra e punizione dei crimini non viene considerato colpevoli. Agostino inoltre introduce l’idea di animazione ritardata, secondo cui l’infusione dell’anima nel corpo avverrebbe in un momento successivo al concepimento. Pur condannando l’aborto, Agostino esita nel considerarlo omicidio. Per i secoli successivi il tema dell’animazione (immediata o ritardata) sarà fonte di un forte dibattito. Il canone più duro nei rispetto dell’aborto è quello del concilio di Ancira i cui vescovi dichiareranno ufficialmente l’aborto come omicidio. Nei secoli a venire la criminalizzazione cristiana dell’aborto compare sempre di pari passo con la criminalizzazione dell’uso di posizioni e veleni, facendo poi da base cultuale alla relazione intrinseca tra levatrici, curatrici, conoscenza femminile delle piante, aborto e stregoneria. Così come farà spesso un discrimine importante tra aborto volontario da parte di donne povere o aborto da parte di donne adultere (e quindi che nascondono un crimine), mostrando sempre maggiore indulgenza per il primo caso. Torneremo nei prossimi articoli sulla questione del controllo delle nascite come elemento chiave nella questione dell’aborto, ma possiamo anticipare che questa indulgenza non si deve solo alla carità cristiana ma ad un reale comprensione delle condizioni di vita e di scelta delle donne dell’epoca e del peso che una numerosa popolazione povera può avere per la società. 

Canone dopo canone il problema dell’aborto altalena costanemente tra determinare in quale momento effettivamente il peccato di presenti. Riprendendo Aristotele e Agostino, la chiesa cerca di individuare un momento nella gravidanza in cui il feto riceve di fatto l’anima non arrivando mai veramente (come succede ancora oggi) ad una decisione effettiva. 

E’ nel 1300 che si afferma che l’unico modo per determinare questo aspetto fondamentale sia appoggiarsi alla scienza.