Tratto dalla puntata di Ricongiunzioni su Radioblackout del 03/05/2022
Oggi parleremo del collettivo Gynepunk che ha segnato un punto di svolta per le pratiche di ginecologia autogestita e fai da te. Nel dettaglio vi parleremo di Transhackfemminismo, streghe e ritorno al piacere.
Nel 2015 vicino a Barcellona, nella colonia postcapitalista ecoindustriale di Calafou, Klau Kinki e Paula Pin lavorano al progetto Pechblenda un laboratorio per la sperimentazione di autocostruzioni di bioelettrochimica.
Durante un gruppo di lettura in cui esplorano il tema del piacere e dell’eiaculazione femminile, Klau si imbatte nelle ghiandole di Skene, e rimane colpita dal fatto che diversi uomini avessero avuto nel corso del tempo, la morbosa curiosità di “scoprire” e nominare il corpo delle donne. Da qui iniziano a studiare la storia della ginecologia, fino ad arrivare alla storia di Anarcha, Lucy e Betsey. E così Pechblenda svolge un vero proprio rituale anticoloniale per la riappropriazione dei corpi, attraverso la costruzione di un vero e proprio incantesimo: AnarchaGland
Da qui per estensione nasce Gynepunk!
Il lavoro delle Gynepunk si basa su 4 assetti: il transhack femminismo, la decolonizzazione dei corpi dal patriarcato, il pornoterrorismo e la riappropriazione della strega.
Abbiamo già parlato di decolonizzazione dei corpi e lo continueremo a fare, ma questo punto è stato il momento di inizio, la genesi di un percorso di ribellione!
Dicono le Gynepunk: “Gynepunk ha come obiettivo visionario, far germogliare laboratori fai da te-dit (do it together) di diagnosi accessibile e sperimentazione estrema. Deve essere possibile in uno spazio fisso e/o nel nomadismo dei laboratori mobili. Deve essere in grado di agire tutte le volte che vogliamo, fare cose frammentarie, bramose e intense: culture, analisi dei fluidi, biopsie, Pap test, sintetizzare ormoni, esami del sangue, test delle urine, test per l’HIV, sollievo a qualsiasi dolore che non sopportiamo, o ciò di cui abbiamo BISOGNO. Costruire e hackerare i nostri strumenti di ultrasuoni, endoscopie o ecografie a basso costo. Tutto questo rigorosamente in complemento alla conoscenza naturale e alle erbe, alle tradizioni orali, alle pozioni sommerse, e generare con entusiasmo e in gran quantità lubrificanti fai da te, contraccettivi, per aprire i domini delle doulas (…), cura selvaggia di tutte le tecniche manuali di manipolazione viscerale, come l’estrazione mestruale, tutto questo elevato alla massima potenza verso la conoscenza condivisa e l’empowerment radicale del nostro corpo…!”
Hackerare, laboratori fai da te, ma anche pozioni, cura selvaggia….
Ecco, le gynepunk hanno rappresentato un punto di svolta importante nel vuoto cosmico che aveva lasciato il femminismo degli anni ’70 e che la liberalizzazione dell’aborto aveva assopito. Hanno sentito questa urgenza viscerale a partire dalle proprie esperienze personali di stigma ed esclusione da parte del sapere medico e con le loro pratiche di hacker e transfemministe hanno dato il via ad un movimento politico importante.
Calafou per chi non lo sapesse è stato un luogo importantissimo nella cultura hacker europea. Pechblenda e gynepunk soprattutto vedono la tecnologia fai da te e l’hacking con un approccio transfemminista per promuovere le differenze, l’autonomia, la liberazione e la resistenza sociale. Il fulcro sono le teorie cyborg di Donna Haraway e lo xenofemminismo di Laboria Cuboniks in cui i femminismi degli anni ’70 vengono assorbite dal pensiero queer e transfemminista. Il punto di partenza è che il genere è una tecnologia sociale pervasiva e come altre tecnologie sociali mira alla sorveglianza, al controllo, alla violenza. E quindi da un’interpretazione metaforica ma anche letterale del concetto di tecnologia, abbracciando la cultura hacker decidono di aprire, riscrivere e ricodificare strumenti, pratiche e tecniche che si ascrivono ai corpi.
“Abbiamo trovato il luogo adeguato ai nostri rituali,
lo avevamo sognato, scritto nella fantascienza.
Adesso lo viviamo
con il potenziale dell’alta tensione
con l’intensità dell’oscurità;
decolliamo unite con desideri condivisi, con le nostre differenze .
Le pareti tremano e l’acqua penetra infimi orifizi,
si espande come un codice infrangibile stimolando le sinapsi;
cambiamo la meta apparente del succedersi delle cose passeggiando tra le anti-melodie ,
Il noise come apertura aritmetica, fuori dall’omogeneo e dal calcolato,
il putiferio come fonte di alimentazione per una sperimentazione sconfinata
Se non possiamo emettere noise non è la nostra rivoluzione.
Elettronautica e bioelettricità saturano l’ambiente chimicamente
l’odore acido dei nostri ormoni scuote lo spazio,
riposizionatx tra cavi, resistenze, condensatori e liquidi corrosivi .
Natura e tecnologia non sono cose differenti:
la natura stava alle streghe come la tecnoscienza sta a noi, noi streghe cyborg.
Scivoliamo dentro la macchina con le mani, il sudore e l’attenzione dispersa,
Ci prepariamo per una verifica inesatta dove l’errore apparente è auspicato,
dove sbagliamo, scopiamo, siamo.
Siamo puttanoni geek,
stronze cyborg.
Divoriamo Haraway e Asimov,
Preciado e manuali di Python,
Itziar Ziga e Neal Stephenson,
Margulis e Despentes,
hackmeeting e giornate transfemministe,
elettronica DIY e bricolage sessuale;
fagocitiamo PDF sulla teoria dell’elettronica
ascoltando psicofonia del contesto;
leggiamo e disegniamo circuiti,
e sperimentiamo con tutto questo sulla nostra pelle.
Gridiamo noise e sabbath cyborg,
saldatura e alchimia;
sputiamo performance e installiamo gnu-linux,
nerdeggiamo riciclando e riparando hardware con le tette al vento.
Ridiamo di tutto, anche di noi stessx…
Ci ripugna il politically correct.
Facciamo parodia di ciò che è socialmente inteso come femminile e maschile.
Mettiamo in discussione l’identità di genere che ci ha assegnato il sistema,
la esageriamo, la ridicolizziamo.
Estremamente sessuali, ironiche, sarcastiche,
adoriamo la festa, non dormire se vogliamo,
drogarci se ci pare,
sia per montare una festa con le nostre amiche
sia per terminare un circuito
sia per improvvisare una jam-session di noise ad libitum.
Sfamate da pornoterrorismo e Cultura Libera,
sappiamo sfoderare artigli e denti quando necessario“
E infatti le Gynepunk hanno creato laboratori fai da te per l’analisi vaginale con materiali semplici, accessibili. Ma anche centrifughe, incubatori e speculum. Nel laboratorio sull’autoesplorazione mischiano tecnologie fai da te a pratiche di autocura legate alla fitoterapia: come prodursi lubrificanti in casa, come curare candide e altre infezioni a partire dall’aloea….insomma un ristabilimento del rapporto con le ancestre massacrate e perse nella storia.
Richiamando Silvia Federici: la strega o meglio la sua uccisione, rappresenta tutto ciò che è nemico e ostile al capitalismo. Citando Tè V. Smith: “La chiamavano strega perchè sapeva come curare sè stessa”. Ed è anche da qui che le gynepunk avanzano pratiche decoloniali. Sì perchè per le europee l’uccisione della strega è il trauma sociale del più grande femminicidio della storia, ma per altre donne nel mondo, per esempio in America Latina da dove Klau viene e dove vive ora, riappropriarsi delle pratiche di cura vuol dire anche risanare il legame con il proprio meticciato, restituire il potere dell’autodeterminazione alle compagne indigene e combattere contro un sistema che continua a criminalizzare forme di autogestione e libertà come l’aborto.
Ma la metafora della strega non è una pacificazione ritualistica nei confronti di un sistema che deve essere riformato. No! è un rottura totale, una ribellione dei corpi, un riot transfemminista contro il capitalismo e il sistema gerarchico della conoscenza scientifica.
“Come femminista si può essere solo eretica, bastarda, aberrante, abietta, mostruosa. Il femminismo può essere solo anti-sistema. Ultimamente ho pensato molto alle nostre antenate che erano streghe. L’85% di coloro che furono condotti al rogo erano donne. E comunque la storia ufficiale non parla di femminicidio. Solo a causa loro, mi definisco una eretica. E per non essere d’accordo con il falso femminismo del potere, naturalmente. E per essere atea, anticlericale, figlia di Lilith.” Itziar Ziga
Klau è venuta a Torino nel 2019 e durante l’incontro aperto ci disse:
“Il mio percorso in questo schifo è iniziato a partire dalla curiosità verso il piacere. Volevo capire l’eiaculazione e mi sono ritrovata ad amputarmi parti di me per togliermi di dosso nomi e abusi di medici e uomini. E’ stato un viaggio doloroso e difficile. Ma il piacere era il punto di inizio e deve sempre tornare ad essere il punto di arrivo!“
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